Un decennio dopo Mt. Gox, il Giappone completa il suo ritorno nel mondo cripto
Nel 2014, il Giappone fu l’epicentro del caos delle criptovalute. Il crollo di Mt. Gox mise a nudo la fragilità di un sistema privo di regole, costringendo Tokyo a scegliere tra la paura e la riforma. Dieci anni dopo, il Paese non reagisce più: guida.
Questa settimana, la Financial Services Agency (FSA) e la Securities and Exchange Surveillance Commission (SESC) hanno presentato i piani per modificare il Financial Instruments and Exchange Act (FIEA), introducendo un divieto esplicito di insider trading sulle criptovalute.
La riforma darebbe ai regolatori il potere di indagare sulle attività degli exchange, imporre sanzioni legate ai profitti illeciti e perseguire penalmente i trasgressori, applicando gli stessi standard previsti per azioni e obbligazioni.
A differenza degli Stati Uniti, dove l’applicazione delle regole spesso arriva in ritardo, il Giappone sta integrando gli asset digitali direttamente nella propria legislazione sui titoli finanziari. Non è una regolamentazione “di reazione”, ma una progettazione consapevole.
Il “muro finanziario” asiatico: una nuova era di sorveglianza digitale
La mossa di Tokyo non avviene nel vuoto. In tutta l’Asia, i governi stanno rafforzando il controllo sull’infrastruttura cripto. La Corea del Sud ha approvato la sua Digital Asset User Protection Act, Hong Kong sta imponendo licenze obbligatorie agli exchange e Singapore continua a guidare sul fronte della vigilanza antiriciclaggio.
Japan to ban cryptocurrency insider trading with new rules https://t.co/TaOS9550Pm
— Nikkei Asia (@NikkeiAsia) October 14, 2025
Insieme, questi sistemi stanno costruendo ciò che gli analisti definiscono “il muro finanziario dell’Asia”: un perimetro regolamentare coordinato, pensato per preservare l’innovazione ma prevenire la stessa contagiosa speculazione che ha travolto i mercati occidentali tra il 2022 e il 2023.
La legge giapponese contro l’insider trading aggiunge lo strato mancante: l’integrità comportamentale.
Per la prima volta, gli insider del mondo cripto — dai dipendenti degli exchange ai fondatori di progetti — saranno esposti alle stesse responsabilità penali dei trader azionari che operano con informazioni riservate.
Chi è un “insider” in un mondo decentralizzato?
La domanda più difficile non è se vietare l’insider trading, ma chi debba essere considerato insider in un ecosistema dove il codice sostituisce i consigli di amministrazione. Molti token non hanno un unico emittente, e i dati on-chain sono pseudonimi.
La Japan Virtual and Crypto Assets Exchange Association (JVCEA), organismo di autoregolamentazione, ha faticato per anni a rilevare fughe di informazioni coordinate, priva di veri poteri investigativi.
Con le nuove regole, la SESC otterrebbe l’autorità di richiedere dati agli exchange, monitorare l’attività dei wallet e imporre sanzioni proporzionate ai profitti illeciti. È un modello ibrido di trasparenza che unisce forense blockchain e disciplina dei mercati tradizionali.
Riforma fiscale e fiducia: due facce della stessa strategia
Parallelamente all’applicazione delle norme, il governo giapponese sta valutando di riclassificare le criptovalute come prodotti finanziari, riducendo l’aliquota massima della tassa sulle plusvalenze dal 55% al 20%. Una mossa che renderebbe il Giappone uno degli ambienti regolamentati più appetibili per gli investitori in asset digitali.
Il sostegno della leader politica Sanae Takaichi, nota per le sue posizioni a favore della sovranità digitale e di una riforma fiscale orientata all’innovazione, dimostra che non si tratta solo di “manutenzione finanziaria”, ma di una strategia nazionale.
Unendo la protezione degli investitori a una tassazione competitiva, il Giappone punta a riconquistare il suo ruolo di leader fintech in Asia e di modello globale per un’innovazione cripto conforme e responsabile.